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4 buoni motivi per cui uno specialista odontoiatra dovrebbe passare al 3D



Il 3D è un argomento di discussione molto accesa nell'ambiente medicale specialistico specie in quello odontoaitrico dove si registra una "rivoluzione in atto" in cui tutto sembra andare verso la direzione della digitalizzazione dei processi di lavoro. Permane una certa confusione in merito in quanto si tratta di una tecnologia che richiede competenze specifiche che un medico, fino ad oggi, non era tenuto a possedere. Vediamo quali sono, secondo il mio punto di vista, almeno 4 buoni motivi per convertire il proprio lavoro da un livello "tradizionale" a un livello "digitale 3D".

1. Il 3D si può imparare abbastanza velocemente.


Spesso il medico oppone resistenza a trasformare il suo approccio lavorativo da una dimensione bi-dimensionale a una tridimensionale perchè ritiene che sia troppo alta la curva di apprendimento necessaria per imparare a gestire il 3D e i suoi strumenti. Non è vero! Il 3D, limitatamente all'ambito specialistico odontoiatrico, è accessibile a tutti con poche ore di formazione. I software per la pianificazione chirurgica 3D in odontoiatria sono stati notevolmente semplificati e resi user-friendly. I concetti generali sulle scansioni 3D e sulla Stampa 3D si possono acquisire con corsi intensivi e mirati di poche ore oppure ricercando in letteratura documenti utili. 2. Aggiornarsi al 3D non sarà più una scelta ma una necessità


Gli studi odontoiatrici che pensano di potersela cavare "rimandando" arriveranno (presto) ad una barriera di non ritorno in cui ci si accorgerà che il 3D è uno strumento irrinunciabile soprattutto quando tutti, intorno, lo hanno già adottato. Sarà impossibile, o comunque non semplice, rimanere impassibili verso questo tipo di cambiamento e tirarsene fuori con agilità. 3. Il 2D e il 3D sono amici e si completano a vicenda


La radiologia è basata essenzialmente sullo studio di immagini bidimensionali che, comunque, ricostruiscono volumi tridimensionali. L'approccio tipico tradizionale ad un esame Cone Beam è però quello di visualizzare l'anatomia specifica in forma bi-dimensionale. Certo, sono decisamente attuali le ricostruzioni 3D di una TAC Cone Beam ma guardare una TAC vuol dire visualizzare una serie di slice 2D fino a ricomporre nella propria testa il volume anatomico di interesse. Unire delle ottime ricostruzioni 3D dettagliate e navigabili alle immagini 2D non è nient'altro che un valore aggiunto che si da al proprio iter di indagine diagnostica. Imparare a ricostruire in 3D un mascellare superiore, ad evidenziarne le strutture anatomiche di interesse (prendiamo ad esempio il caso di una cisti) e magari usare la stampa 3D per prototipare il pezzo anatomico sono aspetti non facilmente trascurabili per un medico proiettato al futuro. 4. Il paziente si interessa, ama capire cosa fa il medico e capisce solo il 3D


Può sembrare banale ma il paziente normalmente non sa interpretare una TAC: per lui è solo un insieme di toni di grigio che non dice niente di particolare. Il paziente ha in mente il corpo umano per come è abituato a immaginarlo sin da piccolo, cioè formato da diversi organi che nella sua testa percepisce come tridimensionali. In più il paziente vuole capire il trattamento, vuole giustificare i costi che dovrà sostenere, vuole vederci sempre chiaro. Egli ha bisogno del 3D per convincersi di un trattamento, altrimenti non capisce concretamente cosa il medico intende fare sul suo caso. Pianificare un intervento al computer in 3D, stampare una guida chirurgica, stampare una parte anatomica e mostrare tutto al paziente è un valore inestimabile di marketing corretto, utile e incentivante per lo studio e per il paziente.

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