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3D e NON 3D: nuove tecnologie vs. tecnologie tradizionali. Il dilemma degli odontoiatri



Si sa, ogni nuova tecnologia per essere effettivamente introdotta all’interno di un settore produttivo, passa attraverso vari livelli di complessità caratterizzati anche da un certo scetticismo oltre che dall’effetto spiazzante della novità. In odontoiatria il 3D esiste da anni, la pianificazione pre-operatoria in 3D esiste da moltissimo tempo ma solo ultimamente si sta assistendo ad un cambiamento radicale della professione sia dell’odontotecnico che dell’odontoiatra grazie all’utilizzo di sistemi 3D fino ad oggi tenuti abbastanza nascosti.

Usare uno scanner intraorale ad esempio. E’ una normale evoluzione tecnologica della professione che comporta sicuramente un investimento iniziale non indifferente ma anche un processo di innovazione che ripagherà nel tempo. Il paziente avrebbe meno disagi perchè non esisterebbe più il tradizionale sistema di presa dell’impronta, il laboratorio odontotecnico riceverà dei files quasi simultaneamente alla scansione intraorale.

E’ un passaggio questo che oltre a prevedere un’evoluzione tecnologica dello studio odontoiatrico prevede anche che, ad adeguarsi, sia il laboratorio odontotecnico. Infatti ultimamente non è affatto raro che nei laboratori arrivino file .stl di scansioni intraorale e non è raro che i laboratori, abituati a lavorare con sistemi tradizionale, non sappiano giustamente come gestirli. Sono questi dei piccoli input che arrivano nei laboratori e che indicano un cambio di rotta. Input che iniziano, tuttavia, a diventare numerosi e che preveodno, prima o poi, una conversione analogica-digitale.

D’altronde quello che manca in questo passaggio al 3D in odontoiatria sono delle figure preparate, di formazione, slegate da interessi commerciali, che magari seguano il medico in questa evoluzione e che indirizzino i laboratori verso la migliore soluzione da implementare. E’ infatti naturale che un professionista preparato per lavorare secondo certi schemi possa trovarsi impacciato di fronte ad un cambiamento indotto e quasi obbligato.

Manca un sistema di formazione che non faccia gli interessi di una o dell’altra azienda, un partner che sta nel mezzo, che non si esprime sui marchi, che non è un rappresentante commerciale ma un tecnico che permette di fare la scelta giusta ad operatori che, effettivamente, fanno un’altro mestiere: odontoiatri e odontotecnici.

La naturale conseguenza dell’uso dello scanner intraorale è la stampante 3D. Parlando di stampanti 3D si aprirebbe un mondo, troppo vasto per essere riassunto in un singolo articolo. La stampa 3D ha avuto una incidenza anche su altri settori come quello audioprotesico dove si è verificata una crescita esponenziale di questa tecnologia anche se meno pubblicizzata rispetto a quanto avviene nel dentale.

Grandi aziende che producono macchinari professionali per la stampa 3D hanno ormai nei loro cataloghi materiali certificati, biocompatibili, alcuni possono rimanere nel cavo orale per 30 giorni, altri per 24 ore, alcuni materiali possono essere sterilizzati a caldo, altri solo a freddo.

E’ indiscutibile che oltre all’evoluzione c’è anche una gran confusione in questo ambito. E’ altrettanto vero però che ormai gran parte dei professionisti sta cercando di capirci seriamente qualcosa, cercando di attivare un atteggiamento critico nei confronti della tecnologia, atteggiamento che permette di valutare le varie soluzioni per le proprie necessità senza lasciarsi influenzare dal marketing e dalla comunicazione. Una cosa però sembra essere delinata: la tecnologia 3D nel settore odontoiatrico sarà destinata a durare nel tempo e difficilmente se ne potrà fare a meno.

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